Focus idrico D’Urzo

 

Relazione SII – Eleonora D’Urzo – 24/07/2018

 

I gestori del Servizio Idrico Integrato in Umbria: una panoramica sulla situazione generale delle tariffe, dei costi e dei ricavi di gestione

Tra il 2015 e il 2016 si è assistito al cambiamento del metodo di tariffazione del Sistema Idrico Integrato. Nel 2016, infatti, è entrato in vigore il MTI2 in base alla deliberazione del 28 dicembre 2015 n. 664/2015/R/IDR con un chiaro effetto sulla tariffazione applicata alle utenze.

Tra i due anni considerati si registra, a livello regionale, una variazione tariffaria media, rispetto all’anno precedente, pari al 5,4%con una certa eterogeneità di comportamento tra ATI: negli ATI 1, 2 e 4, infatti, si rilevaun incremento della tariffa del 5,5% mentre nell’ATI 3 si ha un incremento della stessa pari al 4,8%. Si evidenzia che la variazione tariffaria media per il 2016 rispetto all’anno precedente è superiore sia a quella nazionale che a quella della ripartizione centrale[1]; quest’ultima è, addirittura, pari a quasi la metà della variazione media umbra. Tra il 2014 e il 2015, invece, gli ATI 1 e 2 hanno visto incrementare maggiormente la propria tariffa media (+6,1%): tale risultato è superiore alla media umbra e a quella nazionale ma inferiore alla variazione media ripartizionale. La variazione percentuale dell’ATI 3 tra il 2014 e il 2015 è superiore a quella dell’anno successivo; l’inverso accade per l’ATI 4.

I risultati ottenuti sono correlati, per costruzione, con il comportamento degli investimenti previsti nei due anni in esame, come si può apprezzare dai  Graf. 3 e 4che mostrano la relazione tra l’investimento pro-capite per ATI e regionale con la variazione tariffaria media per gli stessi territori. Si nota che gli ambiti territoriali integrati che vedono incrementare maggiormente la propria tariffa media sono anche quelli che presentano un livello di investimenti pro-capite più elevato. Analoghi risultati si ottengono dall’analisi dei dati dell’anno precedente.

Lo scopo del presente lavoro è offrire una panoramica sulla composizione delle tariffe applicate dai gestori del servizio idrico nei vari ambiti territoriali esaminando i dati ricavabili dai bilanci di esercizio degli stessi. I bilanci di esercizio sono stati ottenuti tramite Telemaco (visure camerali) per gli anni 2015 e 2016.

 

 

 

 

Gli investimenti destinati alla copertura delle criticità dei servizi di depurazione, fognatura e acquedotto.

La spesa lorda per investimenti, in termini assoluti, nel 2015 ammonta a circa 16 milioni e 95 mila euro per gli ATI 1 e 2 mentre nel 2016 sempre per lo stesso territorio si attesta intorno ai 29 milioni e 657 euro. Notevolmente inferiori sono gli investimenti lordi degli ATI 3 e 4: nell’ATI 3, addirittura, si assiste a quasi un dimezzamento degli stessi nel 2016.Al fine di comprendere quale sia la reale incidenza della spesa per investimenti da finanziare attraverso la tariffa è opportuno comprendere quanta parte degli stessi è coperta da contributi statali nei vari ATI; infatti partendo da tale dato si può ricavare la quota di investimenti che ricade in tariffa.

 

Dal grafico si nota che nel 2015, in valore assoluto, è l’ATI4 a presentare la più elevata copertura degli investimenti in tariffa tra tutte le aree umbre che, invece, esibiscono un maggiore equilibrio tra copertura in tariffa e contribuzione statale.Nel 2016, invece è l’ATI che 3 fa ricadere l’80% circa dei suoi investimenti sugli utenti finali mentre gli ATI 1,2 e 4 utilizzano prevalentemente i contributi statali.

L’osservazione dei valori pro-capite degli investimenti netti conferma i risultati del 2015 relativi all’ATI 3 che risulta essere quello che maggiormente ha caricato in tariffa gli investimenti effettuati mentre nel 2016 vi è una maggiore omogeneità di comportamento tra ATI: negli ATI 1, 2 e 3 si spendono circa 13 euro/pro-capite per investimenti, in linea con la media regionale mentre nell’ATI 4 la cifra ammonta a 12,7 euro/pro-capite.

 

Nel 2016, sulla base delle novità introdotte dal Metodo tariffario Idrico per il secondo periodo regolatorio (MTI-2), gli ATI umbri hanno selezionato il quadrante della matrice degli scemi regolatori, considerando (tab. 2):

  • il fabbisogno di investimenti stimato per il periodo 2016-2019 () in rapporto al valore delle infrastrutture esistenti (RABMTI);
  • l’entità dei costi operativi sostenuti dal gestore per abitante servito (Opex2014/pop2012) rispetto al valore pro-capite dei costi operativi dell’intero settore stimato dall’ARERA (OPM, posto pari a 109€/ab.);
  • gli eventuali maggiori costi operativi dovuti ai processi di aggregazione gestionale o all’introduzione di rilevanti miglioramenti qualitativi nei servizi erogati.

Alla luce delle previsioni di investimento risultanti dal Piano degli Interventi dei vari ATI è possibile condurre una valutazione del RAB (Regulatory Asset Base, ovvero il valore del capitale investito netto ai fini regolatori, calcolato sulla base delle regole definite dall’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico, al fine della determinazione dei ricavi di riferimento per i business regolati) del settore idrico.

Allo scopo di rendere possibili i confronti tra diverse aree di interesse è stato calcolato il RAB pro-capite per gli ATI 1 e 2, 3 e l’Umbria con i dati ricavabili dai PdI fornitici dall’AURI mentre i valori pro-capite del RAB nazionale e delle principali ripartizioni italiane sono stati ottenuti dalla elaborazione dei dati presentati nella “Relazione annualesullo stato dei servizie sull’attività svolta” (Anno 2017) prodotta dall’AEEGSI (ora ARERA).

Per il 2015 si nota che l’ATI 4 è quello che si caratterizza per un più elevato RAB pro-capite rispetto sia agli altri ATI che alla media umbra; i valori medi regionali sono tuttavia sensibilmente inferiori alla media nazionale che si attesta intorno ai 265 euro/pro-capite ma anche alle medie di ripartizione.

Nel 2016 si assiste ad un incremento del RAB pro-capite a tutti i livelli. L’Umbria, pur vedendo passare il proprio RAB pro-capite dagli 86,2 euro/pro-capite ai 100,4 continua sempre, tuttavia, a presentare un valore del capitale investito netto ai fini regolatori inferiore sia alla media nazionale che a quella ripartizionale.

Nel prossimo paragrafo verrà effettuato un approfondimento relativo agli investimenti previsti sui Piani di Investimento (PdI) dei vari ambiti territoriali integrati destinati a risolvere o, comunque, iniziare a progettare una possibile soluzione per le criticità emerse relativamente al sistema idrico umbro.

 

Analisi dei Programmi degli Interventi per Ambito

L’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico Integrato[4], nel seguito AEEGSI nel 2013 ha approvato il metodo, denominato MTI, per la determinazione delle diverse componenti di costo relative allo del servizio idrico integrato (SII) ai fini dell’aggiornamento tariffario, basato sulla regolazione degli schemi regolatori (Deliberazione n. 643/2013/R/IDR). Successivamente, con deliberazione 28 dicembre 2015 n. 664/2015/R/IDR, la suddetta Autorità ha approvato il metodo MTI-2.

Ai fini di garantire l’ammodernamento delle infrastrutture idriche, che aveva ormai assunto carattere di urgenza, l’AEEGSI ha previsto alcuni passaggi obbligatori attraverso i quali sarebbe stato possibile individuare le azioni che necessariamente dovevano essere avviate. In particolare dovevano essere individuate le criticità che caratterizzavano il sistema nelle sue diverse componenti e selezionare gli interventi sulla base di obiettivi specifici ai quali associare il fabbisogno di spesa per investimenti che l’Ente Ambito, con il Gestore, doveva individuare secondo esigenze oggettive e indifferibili.

Lo strumento utilizzato per conseguire gli obiettivi è il Programma degli Interventi (PdI), disciplinato dall’art. 149, co. 3 del D. Lgs. 152/2006 parte III che rappresenta il documento che individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessari al raggiungimento dei livelli minimi di servizio.

Oltre al PdI, i gestori di ambito devono inviare all’AEEGSI per l’approvazione delle tariffe anche i seguenti documenti:

1.Il piano economico-finanziario (PEF), che rileva limitatamente al Piano tariffario, al Conto economico e al Rendiconto finanziario, redatti in base all’Allegato A alla deliberazione 664/2015/R/IDR, e prevede con cadenza annuale per tutto il periodo di affidamento, l’andamento dei costi di gestione e di investimento, nonché la previsione annuale dei proventi da tariffa con esplicitati i connessi valori del moltiplicatore tariffario e del vincolo ai ricavi del gestore;

  1. La convenzione di gestione, contenente le modifiche necessarie a recepire la disciplina introdotta per il secondo periodo regolatorio.

Alla luce di quanto appena specificato nel seguito del lavoro verranno esaminati brevemente i Programmi degli Interventi dei singoli Ambiti, dando conto degli eventuali scostamenti rispetto a quanto previsto dal programma precedente. Nella fattispecie si farà riferimento, almeno per gli ambiti 1, 2 e 3 al Programma degli Interventi 2014 – 2017 e gli scostamenti saranno estrapolati dal P.d.I 2016 – 2019. L’ATI 4 ha previsto un PdI che copre l’intero periodo compreso tra il 2014 e il 2032.

ATI 1 e 2

A seguito delle richieste effettuate dall’AEEGSI, il gestore ha condotto un’attività di ricognizione delle infrastrutture e delle reti dei diversi segmenti del SII, terminata nel 2011, grazie alla quale è stato possibile identificare, con sufficiente dettaglio, lesituazioni che caratterizzano localmente gli schemiacquedottistici ed i servizi di fognatura e depurazione.

Recependo le indicazioni contenute nella determinazione AEEG n. 3/2014 DSID, tali criticitàsono state classificate e ricondotte nelle sette aree tematiche precisate dalla stessadeterminazione, operando la disaggregazione in sotto-aeree richiesta. Tali raggruppamenti sono rappresentati nella seguente tabella:

Tab. 1 – Riclassificazione delle criticità

Area tematica Elemento territoriale di riferimento
approvvigionamento idrico schemi acquedottistici e relative infrastrutture destinate alla captazione ed adduzione delle acque
fornitura di acqua potabile schemi acquedottistici e relative infrastrutture destinate alla potabilizzazione e distribuzione delle acque
servizio di fognatura agglomerati e relative reti ed impianti di fognatura
servizio di depurazione agglomerati e relativi impianti di depurazione delle acque reflue urbane
impatto con l’ambiente reti, impianti ed attività di gestione dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione
servizio di misura sistemi di misura di impianto e di utenza
servizi al consumatore gestione dei servizi

Fonte: Elaborazioni dell’autrice sui dati dei PdI degli ATI.

Le criticità ottenute dall’analisi precedentemente descritta sono state correlate, sulla base di quanto richiesto dal metodo proposto nell’allegato A della deliberazione n. 643/2013/R/IDR, a parametri rappresentativi del livello del servizio. Al fine di definire in modo puntuale gli attuali livelli di servizio è stata attuata la procedura proposta dal MTI che prevedeva la ricerca, tramite supporto del gestore, di tutte le informazioni attribuibili al singolo elemento preso come riferimento per la valutazione delle criticità e per la successiva efficacia delle strategie adottate.

Lo step di individuazione delle criticità è stato, ovviamente, propedeutico all’attività di programmazione degli interventi necessari a superarle; la programmazione ha richiesto, ovviamente, l’individuazione di obiettivi specifici. Tali obiettivi, che recepiscono gli indirizzi della pianificazione sovraordinata e d’ambito (prendendo sempre come riferimento le criticità evidenziate per i diversi segmenti del SII), costituiscono i cd livelli di servizio obiettivo che devono essere raggiunti attraverso l’attuazione del programma.

La correlazione delle criticità a parametri rappresentativi del livello del servizio ha, quindi, permesso, ove tali parametri sono risultati inferiori agli standard fissati, o a livelli quali – quantitativi stabiliti da norme e regolamenti nazionali e regionali  o sono risultati indicativi di una non adeguata qualità del servizio, di fissare un obiettivo specifico che permettesse di affrontare le criticità rilevate e migliorare le caratteristiche del servizio nell’interesse dell’utenza e dell’ambiente.

Dall’analisi dei Piani di Investimento è possibile individuare quali siano le criticità per le quali è prevista una particolare concentrazione di investimenti.

 

Come si può evincere dal precedente Graf. 13 il 55% degli investimenti previsti dal Piano degli Investimenti del 2016 – 2019, per l’anno 2016, è destinato alla risoluzione delle criticità relative ai servizi di depurazione e fognatura. Seguono, con il 23% gli investimenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Autorità in merito alle questioni di approvvigionamento idrico e di fornitura. Da rilevare, inoltre, che un 8% delle risorse viene impiegato per migliorare la conoscenza delle infrastrutture grazie alla quale è possibile individuare le problematiche relative alle dispersioni e/o alla necessità di procedere ad un ammodernamento della rete idrica ormai vetusta. Anche nel 2015, si investe nell’ottica di affrontare i problemi dei sistemi di depurazione e fognatura: da rilevare una massiccia concentrazione delle risorse per interventi finalizzati alla conoscenza delle infrastrutture e delle criticità ad esse connesse.

Da precisare che sono state definite solamente quelle strategie di intervento fattibili e ritenute capaci di favorire il raggiungimento degli obiettivi specifici tenendo conto degli indirizzi contenuti nello strumento di pianificazione regionale e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, anche per scongiurare la possibilità di ulteriori incrementi tariffari (alcune delle criticità presentate meriterebbero degli interventi di entità tale sia per la consistenza dei lavori da effettuare che per l’estensione degli stessi, che non è pensabile coprire unicamente con  le risorse derivanti dalle tariffe).

In particolare, per quanto attiene alle aree di criticità relative all’approvvigionamento idrico (A) ed alla fornitura dell’acqua potabile sono state proposte azioni orientate ad assicurare, in genere, maggiori volumi di compenso e, per gli acquedotti di dimensioni più piccole, una captazione da fonti “certe” o, in alternativa, ove possibile, il rifornimento diretto tramite le adduzioni dei maggiori sistemi acquedottistici. Per l’approvvigionamento idrico è stato ritenuto opportuno privilegiare sia per motivi qualitativi che economici, la captazione delle acque sorgentizie e sotterranee delle formazioni calcaree[9]. È tuttavia prevista, nei periodi dell’anno caratterizzati da riduzioni delle portate, una sostituzione con altre risorse anche per garantire una diversificazione della risorsa idrica stessa. Non è stato possibile, invece, in ragione dei costi elevati stimati già nel PRRA effettuare il rifacimento delle condotte di adduzione dalla sorgente Scirca e da quelle di Nocera Umbra che avrebbe contribuito in maniera risolutiva al superamento della criticità connessa all’età delle stesse (A4).

Per quanto attiene alla criticità della fornitura di acqua potabile (B) il PdI ritiene prioritari, a conferma di quanto emergeva già dalle risultanze dell’analisi degli investimenti, gli interventi utili a garantire la qualità della risorsa idrica in distribuzione e, quindi, in accordo con il gestore e l’USL competente, ha individuato tutte le situazioni che, pur non risultando critiche, sono caratterizzate da sistemi di potabilizzazione e di distribuzione potenzialmente esposti al rischio di contaminazione o di peggioramento della qualità dell’acqua.

Gli interventi proposti, peraltro, possono  essere  ritenuti risolutivi anche della criticità B1, derivante dall’elevata vetustà di tali  sistemi,  favorendo, al contempo, la riduzione dei disservizi e gli interventi di manutenzione straordinaria. Inoltre è stata definita una specifica strategia per assicurare, nel tempo, una drastica riduzione delle perdite, che date le peculiarità delle infrastrutture acquedottistiche, risultano in alcuni Comuni eccezionalmente alte.L’ATI, in accordo con il gestore ha avviato da tempo progetti mirati alla riduzione delle perdite, ottenendo anche risultati estremamente positivi; la consistenza del fenomeno, tuttavia, impone l’attivazione di interventi estesi su tutta la rete acquedottistica, la cui realizzazione è, tuttavia, estremamente onerosa e non sostenibile con le sole risorse derivanti dalle tariffe.

Il Piano regionale di Tutela delle Acque(PTA)ha costituito il riferimento obbligato per individuare strategie operative finalizzate a garantire, da un lato, il rispetto dei vincoli e degli obblighi fissati dalle vigenti norme in materia ambientale e, dall’altro, l’effettivo superamento delle criticità riscontrate nei sistemi di fognatura e depurazione (C, D, E, F) .

 

 

ATI 3

Nell’ATI 3 l’analisi degli investimenti lordi per criticità mostra una tendenza da parte dell’Autorità d’ambito a concentrare gli stessi sulla risoluzione delle problematiche relative all’approvvigionamento idrico (captazione e adduzione), alla fornitura di acqua potabile (potabilizzazione e distribuzione) e ai servizi di fognatura e depurazione. Questi ultimi servizi assorbono circa il 73% delle risorse, mentre la rimanente parte delle stesse è destinata ad affrontare le problematiche della rete acquedottistica. Gli interventi effettuati a tal proposito sono finalizzati prevalentemente ad affrontare la caratteristica vetustà delle reti e degli impianti attraverso la verifica e sistemazione delle captazioni periodica finanziata anche dal fondo d’Ambito per la manutenzione straordinaria degli impianti. Un ulteriore fondo è previsto per l’attuazione dei piani relativi alle aree di salvaguardia delle captazioni idropotabili destinate al consumo umano. Altro aspetto per cui sono stati previsti interventi è stato quello della presenza di restrizioni all’uso e dell’alto livello di perdite, all’alto tasso di interruzioni impreviste della fornitura e presenza di perdite occulte. Per quanto attiene alle criticità relative alla fognatura sono stati previsti interventi per l’alto tasso di fuoriuscite e un fondo per interventi straordinari per affrontare eventuali emergenze ingenerate dalla vetustà degli impianti. Il problema dell’assenza di trattamenti depurativi o della vetustà degli stessi, insieme alla questione degli scarichi fuori norma ha richiesto, invece, degli interventi di maggiore rilievo anche nell’ottica di affrontare alcune delle criticità dell’impatto con l’ambiente.

Le criticità relative all’impatto con l’ambiente e ai sistemi di misura non sono tali da necessitare di investimenti ad hoc per la risoluzione delle stesse.

Rispetto a quanto previsto nel PdI si è assistito ad uno scostamento rispetto alle previsioni per una decina di interventi, rivolti al controllo e al contenimento delle problematiche riguardanti i servizi di depurazione e fognatura. Le motivazioni addotte per motivare il ritardo nell’avvio delle attività sono perlopiù riconducibili al mancato svolgimento di attività preliminari connesse all’ottenimentodell’AUA, alla revisione dei progetti stessi e alla decisione di far insistere i lavori sui fondi d’ambito. I ritardi nell’avvio dei lavori sulle reti acquedottistiche sono, invece, dovuti alla scelta di ricorrere a manutenzioni ordinarie per risolvere, almeno in parte, le problematiche rilevate, all’esigenza di modificare il progetto iniziale o a ritardi nella progettazione dovuti a cause esterne.

 

 

ATI 4

Nell’ATI 4, a differenza di quanto accade nel resto del territorio regionale, gli investimenti lordi sono destinati prevalentemente alla risoluzione delle criticità delle reti acquedottistiche: per il raggiungimento di tale obiettivo, infatti, sono state previste una quantità di risorse che ammontano a circa il 69% sul totale stanziato per gli interventi programmati nel PdI. Alla depurazione e fognatura sono state assegnate circa il 29% delle risorse disponibili mentre il rimanente 2% è utilizzato per tutti quegli interventi che interessano congiuntamente sia la rete acquedottistica che la gestione della fognatura e del sistema di depurazione. L’attenzione nei confronti delle reti acquedottistica è cresciuta rispetto al 2015, quando a tali problematiche erano destinate “solamente” il 49% circa degli investimenti e vi era una maggiore uniformità nella ripartizione dei fondi a disposizione per la risoluzione delle varie criticità. Gli interventi legati alla rete acquedottistica sono prevalentemente di tipo manutentivo e di contenimento e ricerca delle perdite d’acqua.

Gli interventi volti al contenimento delle problematiche della rete fognaria e delle strutture adibite alla depurazione sono riconducibili essenzialmente a ristrutturazioni di vario genere e alla ricerca delle perdite.

Avendo a disposizione il PdI per il periodo compreso tra il 2014 e il 2032 non è possibile valutare quali siano stati gli scostamenti negli interventi rispetto a quanto previsto per le annualità indagate.

Analisi economico-finanziaria dei gestori del Servizio Idrico Integrato umbro

 L’analisi dei bilanci permette di esaminare anche la composizione dei costi sostenuti dai gestori e dei ricavi ottenuti dal servizio stesso oltre ad offrire la possibilità di calcolare una serie di indicatori di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale delle aziende che gestiscono il SII in Umbria. Dalla lettura congiunta delle informazioni ottenute dai bilanci è possibile individuare eventuali criticità nella gestione di un servizio fondamentale come l’acqua e valutare la presenza di problematiche che potrebbero, nel tempo, inficiare lo stato di salute dei gestori stessi.

Per quanto attiene ai ricavi da tariffa è interessante capire come si compongono gli stessi nelle diverse gestioni e, quindi, nei vari ATI. Per i gestori Umbra Acque e SII è stato possibile ricostruire, utilizzando i dati del prospetto di Conto Economico, delle voci confrontabili, mentre per la VUS è opportuno effettuare un discorso a se stante vista la caratteristica peculiare del gestore in oggetto che ha in carico, contemporaneamente, il Servizio Idrico Integrato, la Nettezza Urbana e il gas. A tal riguardo per quest’ultimo gestore si provvederà, ove possibile, ad individuare le quote di ricavi rivenienti dai singoli servizi.

Come si evince dal grafico il gestore Umbra Acque ottiene quasi il 50% dei propri ricavi dal servizio di acquedotto e più del 35% dal servizio di depurazione e fognatura. La quota fissa oscilla tra il 20 e il 21% nei due anni in esame. Risultati analoghi si ottengono dalla scomposizione dei ricavi del gestore dell’ATI 4 che dal servizio di acquedotto ottiene quasi la metà dei propri introiti.

 

Dall’analisi del bilancio della VUS si evince che il 96% circa dei ricavi per prestazione di servizi derivano dalla tariffa del sistema idrico in entrambi gli anni cui seguono i ricavi per reflui industriali ed espurgo fosse. La rimanente parte è costituita dai corrispettivi di allacciamento, con una quota residuale attribuibile a prestazioni varie utenti.

  

Risultati interessanti si ottengono dall’analisi dei costi per ATI che rileva nel 2015 una presenza di costi per servizi che oscilla tra il 35% circa dei costi complessivi per l’ATI 3 a circa il 57% degli stessi per l’ATI 4. Seguono negli ATI 1, 2 e 3 i costi per il personale, per una quota superiore al 25% e i costi per ammortamenti e svalutazioni. Nel 2016 la struttura dei costi conserva le principali caratteristiche rilevate per l’anno precedente anche se si assiste ad un incremento dei costi per servizi e per il personale in tutti e tre gli ambiti. In particolare si rilevano un aumento dell’8% circa dei costi per servizi nell’ATI 3 e dell’11% di quelli per il personale nell’ATI 4.

Dal momento che la voce di bilancio “costi per servizi” assume particolare rilievo in tutti gli ambiti integrati è opportuno addentrarsi nella disamina delle componenti della stessa, al fine di comprenderne la struttura e l’eventuale presenza di criticità. Di particolare interesse risultano essere le sottovoci contenute nei servizi relative ai Compensi del Consiglio di Amministrazione e alle Consulenze esterne. L’analisi che segue verterà soprattutto su tale aspetto.

Dai dati emerge che negli ATI 1 e 2 nell’anno 2016 il 5,4% dei costi per servizi è rappresentato dalle consulenze e prestazioni professionali, quota in crescita rispetto al 2015 (+12%). Nell’ATI 3 sono i costi per le forniture del servizio idrico (con il relativo consumo di energia elettrica e metano) insieme ai costi di gestione a costituire più del 75% dei costi per servizi in entrambi gli anni esaminati. Per quanto attiene ai costi per consulenze e prestazioni professionali esse rappresentano il 2,5% del totale nel 2015 per scendere all’1,8% nel 2016. Oltre alla riduzione delle stesse si assiste anche ad una differenziazione nella composizione delle stesse: tra i due anni in oggetto si riducono i costi per i compensi e i rimborsi del CDA e aumentano, invece, quelli destinati alla Revisione e Controllo. Anche le spese per consulenze in senso stretto subiscono un decremento del 61% circa; nel 2016, tuttavia, viene introdotta la voce di costo relativa al personale interinale.

La composizione dei costi per servizi dell’ATI 4 è costituita solamente per lo 0,3% (in entrambi gli anni) dagli emolumenti per il Collegio sindacale mentre le consulenze passano dallo 0,7% all’1%. In particolare sono le consulenze tecniche e di bilancio a subire un’impennata.

 

 

Come anticipato, per verificare l’adeguatezza delle tariffe del Servizio Idrico Integrato è opportuno valutare, oltre alla struttura dei costi e dei ricavi, anche alcune caratteristiche dei gestori del servizio nei diversi ATI in modo tale da comprendere se gli stessi si trovino o meno in condizioni di equilibrio economico-finanziario. A tal riguardo saranno esaminati una serie di indicatori economico-finanziari dei gestori e verranno effettuati una serie di confronti tra ambiti. In particolare saranno forniti per ognuno dei gestori alcuni indicatori patrimoniali, economici e finanziari.

 

Gli indicatori di risultato utilizzati

Gli indicatori di risultato consentono di comprendere la situazione, l’andamento ed il risultato di gestione della Società. Con il termine indicatori finanziari di risultato si definiscono gli indicatori di prestazione che vengono costruiti a partire dalle informazioni contenute nel bilancio aziendale[11] per valutare le performance dell’impresa. In particolare si analizzano le performance patrimoniale, finanziaria ed economica.

Per performance patrimoniale si intende l’esame della relazione che intercorre tra il patrimonio netto e il capitale di terzi. L’analisi patrimoniale intende verificare l’esistenza di un equilibrio, all’interno delle fonti di finanziamento, tra il capitale proprio e il capitale di terzi (caratteristica della solidità).

L’analisi finanziaria riguarda le relazioni tra fabbisogni di capitale e relative modalità di copertura e, conseguentemente, tra correlati flussi di entrate e flussi di uscite monetarie e finanziarie. Lo studio dell’aspetto finanziario è finalizzato a valutare la caratteristica attitudinale e stabilizzata dell’impresa a soddisfare il proprio fabbisogno finanziario in modo economico e tempestivo, vale a dire senza ricorrere a smobilizzi eccezionali o a fonti straordinarie di finanziamento (in questo caso si dice che viene rispettata la caratteristica di “liquidità”).

Infine, la performance economica consiste nell’osservazione della relazione tra il flusso di costi ed il flusso di ricavi, al fine di verificare la stabilizzata attitudine dell’impresa a mantenere una condizione di equilibrio economico (capacità del flusso di ricavi di fronteggiare in modo durevole il flusso dei costi) anche se non necessariamente costante (caratteristica della “redditività”).

I principali indicatori di performance patrimoniale sono:

  • Indipendenza finanziaria;
  • Leverage

L’indipendenza finanziaria è il principale indicatore di performance patrimoniale di un’impresa e si ottiene rapportando il patrimonio netto dell’impresa e il totale del passivo dello stato patrimoniale (costituito dal patrimonio netto più i debiti). Tale rapporto, espresso in percentuale, indica l’ammontare delle fonti di finanziamento apportate direttamente o indirettamente dai soci rispetto al totale complessivo delle fonti di finanziamento dell’impresa. Tale indicatore è estremamente importante  per la valutazione della performance di impresa in quanto una buona indipendenza finanziaria consente all’impresa di non essere eccessivamente esposta ad un indebitamento nei confronti di soggetti terzi. In definitiva, più l’indice di indipendenza finanziaria è alto più si è in presenza di una buona performance patrimoniale e quindi l’impresa è in grado di fronteggiare meglio eventuali crisi future di mercato; infatti, come anticipato, se un’impresa ha una buona patrimonializzazione significa che non è eccessivamente esposta con terzi finanziatori. Nel caso in cui l’indicatore fosse basso e, quindi, l’indipendenza finanziaria dell’impresa sia scarsa, la società a causa di una crisi di mercato potrebbe trovarsi in difficoltà a pagare i debiti con il rischio di dover dismettere delle attività per poter onorare i debiti. Occorre, tuttavia, precisare che, a prescindere dal livello di patrimonializzazione, l’impresa deve essere in grado di generare flussi finanziari sufficienti per pagare i debiti. Un alto grado di patrimonializzazione porta ad una minore necessità di disporre di flussi per pagare i debiti e, pertanto, rende l’impresa meno vulnerabile rispetto ad eventuali crisi di mercato.

Un impresa con un buon livello di indipendenza finanziaria viene definita “capitalizzata”. Tuttavia è necessario ricordare che le imprese italiane si trovano spesso in una condizione di sottocapitalizzazione in quanto il livello di patrimonio netto raggiunge valori modesti, sintomo di un significativo indebitamento. L’equilibrio tra le fonti di finanziamento si ottiene con una percentuale di indipendenza finanziaria pari al 50% che implica che i soci e i finanziatori esterni hanno finanziato l’impresa in parti uguali. La realtà italiana, tuttavia, si caratterizza per la presenza di molte imprese sottocapitalizzate, quindi, nel panorama nazionale un’impresa ha una discreta indipendenza finanziaria quando l’indicatore si attesta su valori superiori al 20-30%. Un’indipendenza finanziaria inferiore a tale valore è rappresentativa di una scarsa patrimonializzazione (e, di conseguenza, di un elevato indebitamento). Per concludere è opportuno ricordare che un’impresa non può neanche essere eccessivamente capitalizzata in quanto una situazione di questo tipo porrebbe, successivamente, il problema della capacità di remunerare adeguatamente il capitale proprio: non è, quindi, da conseguire un livello di patrimonializzazione dell’impresa, anch’essa sintomo di un mancato equilibrio, ma è necessario ricercare quel livello di indebitamento considerato “fisiologico”.

Il Leverage è l’indicatore che viene utilizzato in alternativa all’indipendenza finanziaria al fine di analizzare la situazione patrimoniale.È il rapporto tra il totale delle fonti di finanziamento (quindi del passivo dello Stato Patrimoniale) e il patrimonio netto e indica il grado di indebitamento dell’impresa ed’è, pertanto, il reciproco rispetto all’indicatore dell’indipendenza finanziaria. Maggiore è il valore assunto dal leverage più l’impresa risulta essere indebitata nei confronti di terzi. Tale indicatore può essere utilizzato al posto dell’indipendenza finanziaria; infatti, mentre quest’ultima si focalizza sull’ammontare del patrimonio netto rispetto alle fonti di finanziamento, il leverage pone l’accento sul livello di indebitamento dell’impresa. I due indicatori sono inversamente correlati: ad un aumento dell’indipendenza finanziaria corrisponde una diminuzione del leverage. Quando il leverage è pari a 2, l’indipendenza finanziaria sarà pari al 50%. Il leverage dovrebbe essere compreso tra il valore di riferimento 2 e 10 (sinonimo di indipendenza finanziaria del 10%) tenuto conto che un valore accettabile è pari a circa 3-4 (che corrisponde al 33% – 25% dell’indipendenza finanziaria).

Gli indicatori di performance finanziaria utilizzati nel seguito del lavoro sono:

  • L’indice di auto-copertura;
  • L’indice di auto-copertura allargato.

L’indice di auto-copertura permette di analizzare la percentuale di copertura delle immobilizzazioni complessive attraverso il patrimonio netto. Può assumere valore:

  • Inferiore a 1: in questo caso il patrimonio netto non è stato in grado di finanziare interamente le immobilizzazioni;
  • Superiore o uguale a 1: il patrimonio netto finanzia interamente le attività non correnti e il surplus (eventuale) finanzia parte delle attività di breve periodo.

L’indice di auto-copertura allargato rispetto al precedente aggiunge le passività consolidate al patrimonio netto. Anche in questo caso con un indice inferiore ad 1, l’azienda deve senz’altro attivarsi per accendere nuovi finanziamenti a medio/lungo termine, anche in funzione prospettica.

Gli indicatori di performance economica che è stato possibile calcolare sono:

  • Il ROE (Return on Equity);
  • Il ROI (Return on Investment);
  • Il ROS (Return on Sales).

Il ROE (Return on Equity) sintetizza la redditività globale della gestione ed esprime la remunerazione del patrimonio netto;è dato, appunto, dal rapporto tra Risultato Netto e Patrimonio Netto. Il ROE rappresenta la remunerazione del capitale proprio, inteso come capitale sociale inizialmente versato dai soci, riserve a vario titolo costituite e utili non distribuiti. La redditività globale può ritenersi attrattiva in via potenziale se il ROE dell’azienda risulta essere superiore ai rendimenti dei possibili investimenti alternativi ponderati in relazione ai rispettivi coefficienti di rischio e non inferiore rispetto ai rendimenti attesi da parte degli investitori. In caso contrario non sarebbe conveniente mantenere in vita l’attività per il semplice fatto che gli investitori avrebbero un maggiore incentivo a ritirare i propri capitali per indirizzarli verso forme di investimento caratterizzate da una superiore redditività attesa. Ovviamente l’adeguatezza della remunerazione non può essere definita in termini assoluti: la valutazione di una remunerazione come “equa” dipende da giudizi di natura soggettiva.

Il ROI (Return on Investment) esprime il rendimento economico del capitale complessivamente investito nell’attività caratteristica. L’indicatore è frutto del rapporto tra l’EBIT e il capitale investito operativo medio. L’indicatore, quindi, esprime in termini percentuali il rendimento economico del capitale investito da tutti i finanziatori, siano essi di rischio o di credito, nel core business dell’azienda. Il ROI è influenzato dalla dimensione di due rapporti rispetto ai quali lo stesso può essere sotto-articolato. Tale scomposizione è determinata analiticamente moltiplicando il numeratore e il denominatore per il fatturato:

 

ROI = Ebit/Fatturato*Fatturato/(Capitale Investito Operativo) = ROS*Turnover

 

La redditività del capitale investito operativo, ne consegue, viene a dipendere dalla dimensione di due ulteriori indicatori:

  • La redditività delle vendite (ROS), di cui si parlerà in seguito, dato dal rapporto tra l’EBIT e il fatturato;
  • La produttività del capitale investito operativo (Turnover degli investimenti) ottenuto rapportando il fatturato al capitale investito operativo.

È bene precisare che il ROI deve essere interpretato nelle sue variazioni nel corso dei vari esercizi e mai in una versione statica.

Il ROS (Return on Sales) misura la redditività delle vendite e la capacità remunerativa dei flussi di ricavi tipici dell’impresa. Tale indice misura il reddito operativo conseguito per ogni 100 euro di fatturato.

Nella  tabella  che  segue  si  riepilogano  alcuni  dei  principali  indicatori  economici  utilizzati  per  misurare  le prestazioni economiche.

 

Tab. 2 – Indicatori di performance economica, patrimoniale e finanziaria per gestore. Anni 2015 – 2016

   DESCRIZIONE INDICE Umbra Acque VUS SII
  2016 2015 2016 2015 2016 2015
Indicatori di performance economica ROE (Return on Equity) 2,7 1,2 21,6 22,0 4,1 1,7
ROI – (Return on Investment) 3,4 4,9 9,3 9,6 5,0 3,4
ROS – (Return on Sales) 2,9 4,2 5,7 5,8 9,4 6,3
Indicatori di performance Patrimoniale LEVERAGE – Indice di indebitamento 4,5 4,3 3,1 3,4 2,9 3,0
Indipendenza finanziaria 22,3 23,1 32,3 29,4 34,5 33,2
Indicatori di performance finanziaria Indice di auto-copertura 0,3 0,4 0,2 0,2 0,4 0,4
Indice di auto-copertura allargato 0,6 0,7 0,6 0,6 1,2 1,3

Fonte: Elaborazioni dell’autrice su dati Telemaco.

 

Le migliori performance economiche per ROE e ROI sono esibite da VUS mentre, in termini di ROS, dalla SII Scpa in entrambi gli anni.

Gli indicatori di leverage e indipendenza finanziaria indicano una buona patrimonializzazione, sempre considerando le peculiarità della situazione italiana in cui le imprese sono nella maggioranza dei casi sotto patrimonializzate, per tutti e tre i gestori mentre gli indicatori di performance finanziaria attestano che la SII Scpa con il proprio patrimonio netto finanzia interamente le attività non correnti e il surplus finanzia parte delle attività di breve periodo.

Si ravvisano, per concludere, criticità soprattutto di tipo finanziario tra i gestori del Sistema Idrico Integrato in  Umbria. Ovviamente, non essendo stato possibile estrarre tutte le informazioni necessarie ad ottenere un numero di indicatori più ampio dalle note integrative per tutti e tre i gestori e, di conseguenza, effettuare un’analisi di maggiore dettaglio, le presenti risultanze sono da intendersi semplicemente come indicazioni di massima sulle criticità riscontrabili da queste tipologie di indicatori.

 

Qualità contrattuale del Sistema Idrico Integrato in Umbria

Un ulteriore aspetto interessante da indagare è legato alla qualità contrattuale del Servizio Idrico Integrato in Umbria. L’obiettivo di tale approfondimento è quello di far luce sull’aderenza del servizio offerto nel biennio 2015 – 2016 a quelli che erano i livelli minimi e gli obiettivi di qualità del SII previsti contrattualmente dai vari soggetti gestori del servizio che, in ogni caso, non potevano prescindere da quanto determinato nell’ex DPCM 29 Aprile 1999 in termini di parametri contrattuali. A definire tali obiettivi vi sono le “Carte dei Servizi” adottate dai soggetti gestori che comunicano sia gli standard formalmente garantiti che i risultati effettivamente conseguiti relativi alla fase di avvio, gestione e cessazione del rapporto contrattuale, nonché alla continuità del servizio. A partire dal 1 luglio 2016 l’Autorità con la delibera 655/2015/R/idr ha introdotto nuovi parametri relativi alla qualità contrattuale del SII. Dal momento che non è stato possibile reperire le precedenti Carte dei Servizi, si presenteranno unicamente quelle istituite in recepimento della presente delibera dell’Autorità.

L’analisi delle Carte dei servizi dei tre gestori umbri mostra una completa uniformità tra gli standard garantiti dagli stessi, contrariamente a quanto accade a livello nazionale dove, invece, la mancanza di riferimenti univoci nella normativa di riferimento, la quale prescrive l’obbligo di adozione di certi standard per determinati indicatori ma demanda ai singoli operatori la facoltà di fissare i livelli da garantire, ha comportato la presenza di differenziazioni consistenti tra gli standard di qualità contrattuale dei vari gestori.

I medesimi indicatori coincidono con quelli previsti dall’Allegato A alla delibera 655/2015/R/idr intitolato“Regolazione della qualità contrattuale del servizio idrico integrato ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono (RQSII)”che sono sintetizzabili nella tabelle che seguono.

In particolare presenta sia la tabella che enumera gli standard specifici e gli indennizzi(29) che quella che stabilisce i livelli generali di qualità contrattuale del SII.

Vista la mancata possibilità di ottenere i livelli prestazionali effettivi per i gestori umbri (livelli che, invece, a livello nazionale, risultano differenti se non addirittura migliori degli standard previsti dalle Carte dei servizi), non è stato possibile effettuare una valutazione sulle differenze tra standard previsti ed effettivi; tuttavia, nelle prossime edizioni del Rapporto, sarà considerato anche questo interessante aspetto.

Oltre alla qualità contrattuale reperibile nelle Carte dei servizi è di fondamentale importanza verificare se i gestori rispettino quelle che sono le limitazioni inerenti la qualità delle acque potabili.

L’acqua destinata al consumo umano è, infatti, regolamentata dal D.Lgs 2 Febbraio 2001 n.31 (in vigore dal 25 Dicembre 2003) che recepisce nella legislazione nazionale (DPR 236/88) le prescrizioni della direttiva dell’Unione Europea 98/83/CE relative alla qualità delle acque destinate al consumo umano.

Tale legge regolamenta dal punto di vista sanitario tutti gli aspetti organolettici, microbiologici chimici ed i processi di gestione legati all’erogazione dell’acqua fissando dei limiti di concentrazione massima ammissibile. Questi vengono stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliera su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità.

Considerati i parametri più comuni e descrittivi della qualità dell’acqua potabile abbiamo i seguenti valori limite:

Tab. 3 – Parametri più comuni e descrittivi della qualità dell’acqua potabile(DLgs 31/2001)

Parametro Valore limite (DLgs 31/2001)
Calcio (Ca) non previsto
Cloruri (Cl) 250 mg/l
Solfati (SO4) 250 mg/l
Nitrati (NO3) 50 mg/l
Nitriti (NO2) 0,50 mg/l
Potassio (K) non previsto
Sodio (Na) 200 mg/l
Durezza (°F) 14-50 °F

Fonte: D.Lgs 2 Febbraio 2001 n.31.

 

Alcuni elementi contaminanti dell’acqua (solitamente legati all’azione dell’uomo) hanno i seguenti limiti:

 

Tab. 4 – Elementi contaminanti dell’acqua (solitamente legati all’azione dell’uomo), DLgs 31/2001

Parametro Valore limite (DLgs 31/2001)
Arsenico (As totale) 10 µg/l
Benzene 1,0 µg/1
Cromo 50 µg/l
Piombo 10 µg/l
Nichel 10 µg/l
Antiparassitari 0,10 µg/l
Idrocarburi policiclici aromatici 0,10 µg/l
TetracloroetileneTricioroetilene(trielina + tetracloroetilene) 10 µg/l
Trialometani-Totale (cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano e bromodiclorometano) 30 µg/l

Fonte: D.Lgs 2 Febbraio 2001 n.31.

 

Si analizzeranno a tale fine i dati fornitici da ARPA per gli anni 2015 e 2016 valutando i parametri e gli elementi contaminanti delle acque (come da tabelle indicate).

ARPA fornisce i dati rivenienti dai campionamenti delle acque effettuati su richiesta delle ASL 1 e 2 sui territori di competenza, in accordo con i singoli gestori. I risultati dei campionamenti sono presentati, pertanto,per gestore.

In particolare, per i parametri più comunemente utilizzati per descrivere la qualità dell’acqua potabile, nei due anni considerati sono stati realizzati i campionamenti nelle aree di competenza di ciascun gestore indicati in Tab. 5. Da rilevare che nel territorio gestito da VUS le rilevazioni sulle sostanze indicate dal D.Lgs 31/2001 oscillano dalle 29 misurazioni per la durezza dell’acqua alle 39 effettuate per le valutazioni sui solfati, i cloruri e i nitriti nel 2015 con un lieve miglioramento nel 2016 per queste ultimi due parametri. Non sono state eseguite rilevazioni sui livelli di sodio né nel 2015 né nel 2016.

Da rilevare, inoltre, che per i cloruri, i nitriti e i solfati vengono effettuati approssimativamente lo stesso numero di campionamento in ognuno dei gestori (es. per la VUS nel 2015 sono stati realizzati 39 campionamento sui parametri appena indicati e nel 2016 si sale a 44).

Per quanto attiene gli elementi contaminanti sul territorio VUS nel 2015 è stato compiuto un unico campionamento per il nichel e 23 nel 2016. Nell’area della SII Scpa sempre sullo stesso elemento si passa dai 290 campionamenti annuali ai 282 nel 2016. Nell’area VUS non si effettuano campionamenti su arsenico, antiparassitari e IPA nel 2015, mentre nel 2016 ne sono stati eseguiti 23 per l’arsenico. Nel 2016 continuano ad essere assenti i controlli su antiparassitari e IPA per la zona gestita dalla VUS.

 

Tab. 5Campionamenti realizzati per i parametri più comunemente utilizzati per descrivere la qualità delle acque potabili ed elementi contaminanti per gestore. Anni 2015 – 2016.

2015 2016
Umbra Acque VUS  SII totale Umbra Acque VUS  SII totale
Cloruri 1.752 39 568 2.359 1.751 44 551 2.346
Nitrati 1.641 29 557 2.227 1.632 34 544 2.210
Nitriti 1.752 39 567 2.358 1.751 44 551 2.346
Solfati 1.751 39 568 2.358 1.750 44 551 2.345
Sodio 278 64 342 556 121 677
Durezza 280 29 567 876 280 20 548 848
Arsenico (As totale) 365 290 655 386 23 282 691
Benzene 620 15 153 788 611 26 164 801
Cromo 365 15 290 670 386 26 282 694
Piombo 365 15 290 670 386 26 282 694
Nichel 365 1 290 656 386 23 282 691
Antiparassitari 280 65 345 283 58 341
Idrocarburi policiclici aromatici 278 65 343 279 57 336
Trielina + tetracloroetilene 620 15 153 788 608 24 162 794
Trialometani-Totale 620 15 153 788 608 24 162 794

Fonte: Dati ARPA, anni 2015 – 2016

 

Il grafici che seguono mostrano la percentuale delle rilevazioni che presentavano valori dei parametri più comuni della qualità dell’acqua potabile nei limiti consentiti, sempre per gestore, nei due anni esaminati. Sia nel 2015 che nel 2016 la totalità delle rilevazioni effettuate sui solfati, sui cloruri e sulla durezza delle acque sono risultate entro i limiti consentiti dal decretoin tutte le aree servite dai tre gestori. Stesso discorso vale per i controlli compiuti sul sodio ma, in questo frangente, le risultanze indicate sono da circoscrivere solamente ai gestori Umbra Acque e SII S.c.p.a (si ricorda che nell’ATI 3 non sono stati effettuati campionamenti su tale parametro).

Discorso a parte vale per i nitriti e i nitrati: in entrambi gli anni nella totalità degli esami effettuati sul territorio della VUS  e del SII S.c.p.a sui nitriti è stato assicurato il rispetto dei limiti posti dalla normativa su tale parametro mentre nell’area gestita da Umbra Acque lo 0,1% delle rilevazioni compiute in entrambi gli anni ha evidenziato un valore del parametro superiore al limite consentito.

Per i nitrati solo i controlli agiti nel territorio VUS  nel  2015 hanno mostrato risultati in linea con il decreto mentre per le zone servite da Umbra Acque e SII S.c.p.a, rispettivamente per lo 0,5% e 0,4% dei casi il parametro in oggetto superava il limite legalmente riconosciuto. La situazione del 2016 per i nitriti e i nitrati presenta delle analogie con quella del 2015; i risultati ottenuti per i nitriti sono conformi a quelli dell’anno precedente mentre per i nitrati nello 0,6% dei casi nell’area servita da Umbra Acque e nello 0,2% delle rilevazioni nella zona appannaggio del SII S.c.p.ai valori ottenuti dalle analisi cliniche non sono risultati conformi ai limiti legali.

 

Le misurazioni effettuate negli ambiti integrati umbri per gli elementi contaminanti dell’acqua nel 2015 mostrano risultati conformi alla normativa in tutto il territorio per gli antiparassitari, il benzene, il cromo e gli idrocarburi poliaromatici (in quest’ultimo caso non sono disponibili rilevazioni dell’ATI 3 gestito da VUS per nessuno dei 2 anni). Da rilevare dati meno confortanti per l’ATI 4 (SII S.c.p.a) che presenta valori conformi alla normativa solamente nel 99,3% dei casi per l’arsenico, nel 99,7% delle rilevazioni per il piombo e nel 97,2% dei campioni per il nichel. Nel 2016 migliora la situazione dell’area gestita dal SII S.c.p.aper l’arsenico ma peggiora per il benzene, il piombo, il nichel e i trialometani. Gli ATI 1 e 2 presentano criticità nel 2015 per l’arsenico, il nichel, la somma di Tricloroetilene e Tetracloroetilene e, infine, per i Trialometani. La situazione di tali parametri migliora lievemente nel 2016. È, infine, opportuno segnalare che nell’ATI 3 (VUS) i campionamenti effettuati nei due anni in esame hanno fornito tutti risultati in linea con quanto disposto del decreto (nel 2015, tuttavia, non erano stati predisposti campionamenti sull’arsenico).